Cosa sono i vini naturali

L’ultimo mezzo secolo ha stravolto il modo di fare il vino. Per lungo tempo, la produzione è stata un procedimento relativamente semplice, o quanto meno essenziale: nell’Antichità, nel Medioevo, ma soprattutto dall’Era moderna in poi, fare vino significava pigiare o pressare l’uva, cercando di controllare un processo spontaneo (e misterioso) di fermentazione del succo e di macerazione delle vinacce. Pressoché nessun additivo, se non l’uso dello zolfo come antisettico, e talvolta un arricchimento del mosto con qualche forma di zucchero. La differenza la facevano la qualità, la sanità delle uve, la padronanza e la pulizia delle operazioni di cantina.

Dal secondo Dopoguerra è cambiato quasi tutto. È nata l’enologia contemporanea: i prodotti e le tecnologie si sono moltiplicati: dagli acidi ai tannini artificiali, dai chiarificanti agli enzimi, dai lieviti selezionati all’osmosi inversa… Lo stesso è accaduto in vigna: dall’introduzione dei concimi e dei pesticidi di sintesi, fino alla selezione clonale delle viti. Quest’agronomia invasiva e quest’enologia artificiosa sono divenute la norma.

Oggi chi produce vini naturali punta a demarcarsi da questa maniera mortificante di affrontare il vigneto e la cantina. Le soluzioni sono molteplici, complementari e richiedono discernimento: inerbimento dei suoli, selezioni massali, rese basse, concimazioni organiche, vendemmia manuale, pochi solfiti o nessuno, lieviti indigeni, niente additivi enologici, filtrazioni blande…

Un lavoro difficile e rischioso, ma il risultato sono vini più buoni, più sani, digeribili, ecologici.

Che cosa dice, di tutto questo, l’etichetta di una bottiglia di vino?

Poco.

È complesso ottenere notizie chiare, quanto meno se ci limitiamo alle diciture di legge.

La certificazione biologica e il suo marchio possono essere informazioni utili, ma ricordiamo che per vent’anni la legge europea non ha previsto vini “bio”. Biologiche o biodinamiche, infatti, erano la viticoltura e, per estensione, le uve stesse. Questa garanzia si fermava al momento della vendemmia: tutto ciò che accade in cantina è talora insondabile e non disciplinato, da un punto di vista “naturale”.

Da febbraio 2012 le cose sono cambiate. L’Ue ha emendato il regolamento 834/2007, estendendolo anche al vino, che a partire dalla vendemmia successiva potrà fregiarsi della dicitura “vino biologico”. Nella sostanza, tuttavia, le regole restano le stesse del vino da “uve biologiche”, e le procedure di vinificazione autorizzano quasi tutte le tecniche e gli additivi usati dai vini convenzionali, con limiti un po’ più bassi per il contenuto di solfiti.

Alcune associazioni (ad esempio Demeter, Nature et Progrès, Bourgeon Suisse, Fnivab…) si autocertificano, dandosi dei codici di condotta – talvolta severi – anche per ciò che riguarda la vinificazione. Conoscere i loro regolamenti e i loro marchi può dar credito ad alcuni vini senz’altro più di quanto non garantiscano semplici label di agricoltura biologica.

Fonte: www.sorgentedelvino.it

Attenzione, peraltro: il bio vieta le sostanze di sintesi nel vigneto, ma autorizza materie naturali, come zolfo e rame, potenzialmente nocive. Se usate in dosi elevate, per combattere ad esempio una patologia della pianta, possono risultare più tossiche e dannose di certe sostanze artificiali di contatto utilizzate con molta parsimonia. Il bio, di per sé, non è una panacea.

I vini naturali non sono banalmente bio, né i vini da uve biologiche sono necessariamente naturali.

Come venire a capo di questo garbuglio? Non è semplice.
Da un’etichetta si possono decriptare alcune informazioni utili: un produttore “naturale” sarà probabilmente un’azienda piccola, che utilizza solo uve proprie, plausibilmente in un regime biologico (ma non è detto che lo dichiari, perché molti di essi deplorano le certificazioni), forse affiliato a un’associazione di settore; a volte, poi, ci darà di sua iniziativa alcune informazioni aggiuntive, come analisi di laboratorio, la quantità di solfiti, ecc…

Più di tutto, però, importa la conoscenza diretta del vignaiolo, del suo modo di lavorare e dei suoi prodotti. Oppure la fiducia che si può riporre in un distributore, in un ristoratore o in un rivenditore sensibile, onesto e competente.

Che gusto ha un vino naturale?

Perché, al di là delle motivazioni ecologiche e salutistiche, si produce e si sceglie un vino naturale? La digeribilità – che è parte di una sensazione di benessere globale – è fondamentale. Tuttavia il vino non si beve per ragioni di salute, ma perché è buono. E molto spesso i vini naturali sono più espressivi e più vari, più sorprendenti e più gustosi, più persistenti e più aromatici…

Rispetto a quelli convenzionali, i vini naturali possono a volte apparire (o essere!) disorientanti. Fin dall’aspetto: di colore talvolta meno brillante, accade che siano anche leggermente velati, anziché scintillanti, perché non chiarificati o filtrati. Di conseguenza, possono produrre sedimenti: il cosiddetto “fondo”.

Anche i loro profumi possono essere insoliti: non appiattiti su facili sentori standardizzati di frutta o fiori (prodotti da lieviti ed enzimi industriali), includono note che ricordano la terra, odori minerali, addirittura animali, oppure di altri e inaspettati alimenti… Per questo motivo, degustare un vino naturale può richiedere disponibilità verso profumi che non ci attenderemmo di trovare in un bicchiere.

Questi aromi si ritrovano in bocca, per via retro-olfattiva. Ma spesso anche il sapore è una sorpresa: vivido, può pizzicare per un’acidità non modificata in cantina, oppure “mordere” per via di tannini che nessun prodotto enologico ha smussato o falsamente ammorbidito… Altre volte il gusto è semplicemente così limpido e suadente da appagare il palato come non ci era mai successo, e al tempo stesso riportarci alla sensazione di qualcosa che conosciamo da sempre…

Di solito, la parte più bella di un vino naturale arriva nelle sensazioni finali, di capitale importanza: lasciano la bocca pulita e armoniosa, diversamente da tanti prodotti convenzionali, che in qualche modo infastidiscono il cavo orale, lo turbano, quasi ferendo le mucose…

Il vino naturale è dunque una nuova frontiera del gusto? Forse è solo la riconciliazione con qualcosa di ancestrale e che credevamo perduto. Di sicuro è un mondo cui ci si tiene stretti, una volta conosciuto.